sabato 26 settembre 2009

El Pais intervista Andrea Camilleri


Con le sue inseparabili sigarette e con Annalisa, la sua giovane assistente che gli prepara caffè zuccheratissimo, Andrea Camilleri mantiene a 84 anni una brillantezza mentale ed una memoria invidiabili. Ed ecco lì la rabbia, la sua vecchia rabbia comunista, quella che Camilleri considera l’antidoto morale per il suo paese, quest’Italia che nonostante tutto vota e ammira Silvio Berlusconi e che, afferma, “ama il buffone delirante perché riflette il peggio di ciascuno di noi e suscita l’invidia che ogni italiano prova nei confronti delle motociclette che non rispettano nessuna regola del codice della strada”.

In questa intervista, realizzata ieri nella sua abitazione, il maestro del romanzo noir dipinge l’oscurità del panorama politico italiano.

Domanda. Tutta l’Europa parla di Berlusconi, gli italiani tacciono.
Risposta. Questo silenzio è inquietante. E’ da tempo che viviamo una sorta di fase della supplenza. La magistratura ha sostituito la politica e lo stesso accade per l’opposizione: in quanto inesistente, è stata sostituita da due quotidiani (La Repubblica e L’Unità) e da un canale televisivo (RAI3). Tutti gli altri tacciono. E così parla la stampa estera che ha sostituito la nostra in questa fase d’emergenza della nostra democrazia.

D. E’ davvero emergenza?
R. Certamente. Prima l’Italia era considerata un’anomalia, adesso non ci sono pesi e contrappesi, corpi e anticorpi, la malattia Berlusconi si è diffusa e non trova resistenza. Siamo mentalmente, politicamente ed economicamente malati, soprattutto nel nostro costume: predomina l’immoralità.

D. C’è chi dice che si è compiuto il piano della loggia P2…
R. Non si è realizzato del tutto ma in gran parte si. Le idee dei suoi fondatori sopravvivono nell’uomo che ha conquistato il potere. E’ una clonazione ma il DNA è lo stesso. L’organizzazione è stata smantellata, le idee sopravvivono.

D. Crede che il Partito Democratico sia una reale alternativa?
R. Non ho mai voluto aderire, è un mostro a due teste. E’ bene che ci siano più voci all’interno di un partito ma solo quando gli obiettivi sono comuni. Qui ci sono ex comunisti del PCI con l’Opus Dei. Una difficile convivenza. L’incontro di questi giorni tra Rutelli (PD) e Fini (PDL) conferma, a mio parere, la fine del PD. Gli ex democristiani vogliono darsela a gambe. E dall’altra parte Fini vuole abbandonare Berlusconi. Ormai quel che è fatto è fatto.

D. Così l’unica speranza è….in esilio con Obama??
R. La vera tragedia è che è possibile che, appena arrivati, l’abbiano già tolto di mezzo. Ha il grande svantaggio di essere nero: potrebbero assassinarlo in un niente. E non scherzo.

D. Perché si dice che in Italia non c’è libertà di stampa? Secondo Berlusconi, la Rai è l’unica televisione pubblica che critica il Governo.
R. Berlusconi sostiene di non essere un dittatore perché i dittatori censurano e chiudono i giornali. Lui non li chiude perché non può. Però censura. Alcuni anni fa cacciò vari giornalisti RAI, qualche tempo fa affermò che Paolo Mieli (Corriere della Sera) e Giulio Anselmi (La Stampa) avrebbero dovuto cambiare mestiere e nell’arco di una settimana è quello che fecero. E’ poi c’è la peggior censura, l’autocensura, la paura dei giornalisti di farsi del male con le loro stesse mani. C’è così tanta paura che quasi si preferisce leggere Vittorio Feltri (direttore de Il Giornale), perlomeno è chiaro, sai perfettamente chi hai di fronte. Gli altri non li si capisce per niente.

D. Come è iniziato il berlusconismo?
R. Quando nessuno se lo aspettava, dal processo Mani Pulite saltò fuori un politico che incarnava perfettamente la corruzione che si voleva combattere. In questa circostanza si notò la capacità geniale di Berlusconi di mostrarsi per quello che in realtà non è. Adesso si mostra per quello che realmente è: insulta i giornalisti, gli avversari, li chiama farabutti, coglioni…Dove si è mai visto un primo ministro che insulta?

D. Li chiama soprattutto comunisti.
R. Non riuscirà mai a far si che io prenda questa parola come insulto. Questo rivela solo una cosa: è innamorato del fascismo, ma lui è peggio dei fascisti perché alcuni fascisti si sono evoluti. Per questo ha affermato che Mussolini mandava i giornalisti critici nei suoi confronti in vacanza. Non sa che Amendola fu picchiato a morte, che i fratelli Rosselli furono assassinati in esilio, che Gramsci morì dopo anni di carcere? Non sa che i comunisti italiani firmarono i Patti Lateranensi con De Gasperi, che insieme alla Resistenza hanno portato la democrazia, che fermarono le vendette contro i fascisti?

D. Se agita il fantasma del comunismo, sarà perché gli torna utile.
R. Certo che lo è. E gli italiani se la bevono perché non hanno memoria. Gli italiani si ricordano del loro paese perché aveva una squadra che giocava partite contro il paese vicino. Se domandi ad un italiano cosa accadde nel 1928, ti darà la formazione dell’Inter di quell’anno ma non ti dirà certo che quell’anno si impose il fascismo perché questo non lo sa.

D. Crede che il fatto che non ci sia stata una guerra civile abbia dato vita ad un conflitto fermo al suo stato embrionale, irrisolto?
R. Il Movimento Sociale Italiano nacque sei mesi dopo la fine della II Guerra Mondiale. Diciotto mesi più tardi avevano già deputati in Parlamento. Nel ‘45, quando arrivai a Roma, c’erano scritte che dicevano “Ridateci il testone”. Volevano di nuovo Mussolini! Ricordo un articolo favoloso di Herbert Matthews, giornalista del New York Times. Diceva “Non avete ucciso realmente il fascismo, è una malattia di cui soffrirete per decenni e riapparirà in forme che non riconoscerete”. Ed eccoci qui, a domandarci se Berlusconi è o non è fascista.

D. Anche Pasolini profetizzò qualcosa di simile.
R. Pasolini era discutibile nel giudicare se stesso; ma la sua percezione sugli altri era assolutamente acuta. Lui e Sciascia sono le due grandi coscienze civili che ci mancano. Ho tremendamente bisogno di loro.

D. Niente dura per sempre…
R. Lo scarso audience di Porta a Porta dell’altra sera è stato una gioia. Dà qualche speranza. Un imbecille ha scritto su Il Giornale che il mio sogno è quello di vedere Berlusconi impiccato come Mussolini. E’ il contrario, ciò che più temo è che possa morire o che i giudici lo facciano fuori. Quello che voglio invece è che duri, che gli italiani bevano da questo calice fino a vomitare. Così si renderanno conto di ciò che è e poi finirà. Altrimenti, diverrà martire. Spero soprattutto che risusciti la moralità perché adesso ciò che vige è la morale del vespino. Il vespino va controsenso e nessuno dice niente; passa col rosso e nessuno dice niente, sale sul marciapiede e nessuno dice niente. Gli italiani guardano il vespino e pensano: Madonna! Che bello sarebbe essere questo vespino e non rispettare nessuna regola!” E non mi riferisco alle escorts né alle veline, mi riferisco solo alla vita quotidiana.

D. Perché gli italiani amano così tanto Berlusconi?
R. Perché si guardano allo specchio e sono uguali. Impéra una maleducazione insopportabile. L’altro giorno il conducente di un auto ha gridato a mia moglie: “Cretina! E io le ho detto “Segui quella macchina, seguila”. Perché?, mi ha chiesto, mi ha insultato! Sì, ma ti ha chiamato cretina e non puttana, voglio conoscerlo, è un tizio vecchio stampo, seguilo!

D. In questo senso Veronica Lario è un esempio di civismo femminista, anche se è stata catalogata come “velina ingrata” da Feltri.
R. Non è mai stata una velina, era un’attrice di teatro e anche abbastanza dotata. E’ una donna offesa che non ne può più, che non può parlare con suo marito e decide di farlo attraverso i media. Mia moglie, se facessi una cosa simile, mi butterebbe giù dalla finestra. Ciò che risulta davvero offensivo è l’esibizionismo di Papi, così poco serio. Sei un nonno di 72 anni! Se vuoi farlo, fallo con discrezione, cosciente di ciò che sei. E poi, che figuraccia! Se dici di frequentare minorenni è già un orrore, ma le escorts…

D. Dice di non aver mai pagato...
R. Fa pagare gli amici, è ancora peggio. Caligola, Nerone, avevano una loro grandezza. Alla fine bruciarono Roma. Questo è talmente meschino che fa paura. Non accenderebbe nemmeno un fiammifero.

D. Crede che l’Italia possa resistere così ancora quattro anni?
R. Non credo, siamo sul punto di un’implosione. Fini, forse per puro gioco di parole, ha un fine, allontanarsi da lui. Dice cose giuste, laiche, moderne. Una destra finalmente rispettabile. Dall’altro lato della barricata gli auguro sinceramente che ci riesca.

D. Non crede che la Chiesa preferisca Berlusconi?
R. Certamente: “pecunia non olet”, il denaro non puzza. Puoi attaccare la verginità di Maria, negare il santo sepolcro, loro ti mettono all’ Indice e tu vendi più libri. Però se dici loro che tagli i fondi alle scuole si arrabbiano. Il dogma assoluto della Chiesa è il denaro, l’esenzione fiscale. Conosco a Roma un cinema porno intestato al Vaticano….Basta non toccare il denaro del Santo Padre. Il Vaticano detta legge in Italia e non l’hai mai fatto tanto come in questo momento. Ma il Papa dissimula come Zapatero: assistono in diretta al delirio di Berlusconi e dicono: “Non posso parlare perché sono straniero”. E se poi qualche vescovo dice qualcosa, fa come Berlusconi con Feltri: “Mi dissocio, mi dissocio”. No, non sarà la Chiesa a farla finita con Berlusconi. Spero siano i cittadini a farlo.


fonte: http://temi.repubblica.it/micromega-online/non-sara-la-chiesa-a-farla-finita-con-berlusconi-el-pais-intervista-andrea-camilleri/





venerdì 25 settembre 2009

legge regionale in favore della promozione del libro, della lettura e delle piccole e medie imprese editoriali del Lazio




Informiamo l'amministrazione comunale che poche ore fa La Regione Lazio ha indetto un bando per 5 biblioteche dedicate a Peppino Impastato

25/09/09 - La Regione apre un bando pubblico per le biblioteche che vogliono fare iniziative contro le mafie e in favore della legalità. Cinque di queste biblioteche saranno intitolate a Peppino Impastato, il giovane siciliano di Cinisi ucciso dalla mafia nel 1978.

L'iniziativa fa parte degli interventi programmati nella "legge regionale in favore della promozione del libro, della lettura e delle piccole e medie imprese editoriali del Lazio",
discussa oggi in Giunta regionale. I fondi stanziati per tutte le iniziative ammontano a 1milione e 200mila euro.

"Questa è una risposta non soltanto al Comune di Poteranica, in provincia di Bergamo, che aveva deciso di togliere la targa dedicata ad Impastato - ha dichiarato l'assessore alla Cultura Giulia Rodano - ma anche un modo per rispondere con la legalità alla discussione in atto in questi giorni sullo scioglimento del Comune di Fondi".

"Il Lazio - ha sottolineato la Rodano - è la prima regione ad avviare politiche di sostegno e promozione della lettura e a sostenere la piccola e media editoria. In questo modo promuoviamo l'abitudine alla lettura come crescita civile e sosteniamo la produzione culturale indipendente, che è in difficoltà anche nei momenti in cui il mercato non risente della crisi internazionale. E' quindi un'iniziativa anticiclica contro la crisi".

Tra le altre iniziative previste dalla Regione la Giornata regionale della lettura, un bando per la promozione del libro nelle scuole medie e superiori e il progetto "Biblioteche aperte". Per quanto riguarda, invece, l'accesso al credito per la piccola e media editoria, la Regione, in collaborazione con Unionfidi, realizzerà un fondo di 2 milioni e mezzo di euro in grado di attivare garanzie per circasa 30 milioni di euro per finanziamenti e anticipazioni su contributi pubblici.

Spendersi un po' per partecipare sarebbe già un'azione apprezzabile

un saluto write26





mercoledì 23 settembre 2009

Oggi: Altri Morti sul Lavoro


Ieri l’altro sono stati celebrati i funerali di stato per sei nostri soldati, una tragedia, sui morti non si dovrebbero fare paragoni tantomeno speculare, ma come si possono ignorare i 3,5 morti al giorno che registriamo in Italia, con precisa quanto macabra cadenza, nelle industrie, nei cantieri navali, nei cantieri edili? Mortalità che ci collocano al primo posto nel mondo.

Siamo una nazione che si sconvolge per la morte in guerra di sei paracadutisti e parallelamente metabolizza, con la massima indifferenza, oltre mille incidenti mortali l’anno sul lavoro.

Nessuno ci fa caso, nessuno si indigna, non ho mai sentito questo pseudo presidente del consiglio, scritto tutto minuscolo, esprimere una sola parola di cordoglio per un morto sul lavoro.

Che possa morire un paracadutista in Afganistan è prevedibile, purtroppo non si può evitare è un rischio del mestiere, ma è inaccettabile che un operaio muoia fulminato mentre lavora in una catena di montaggio, o asfissiato in una cisterna, o in un incendio, o cadendo da un impalcatura, neppure in India dove i ritmi di produzione non sono paragonabili ai nostri accadono queste disgrazie con questa frequenza.

E se non si verificano neppure in India c’è da chiedersi IL COME MAI di questo olocausto tutto italiano?

Le leggi sulla sicurezza ci sono e sono anche molto severe, al punto che a volte si registrano difficoltà nell’applicarle, gli ispettori ci sono e non sono dei fannulloni come qualcuno vorrebbe farci credere, i sindacati sono sensibili a queste questioni non è vero che se ne fregano, ve lo garantisco io, lo posso provare, i lavoratori non sono tutti disattenti non sono sbadati, non si fanno le canne e neppure si ubriacano durante l’orario di lavoro.

E allora? Qualcuno sa spiegarmi come mai?







domenica 20 settembre 2009

CHE COSA CI STIAMO A FARE IN AFGHANISTAN?


Sono atterrati stamattina all'aeroporto di Ciampino,le salme dei 6 paracadutisti italiani uccisi in Afghanistan: il tenente Antonio Fortunato, originario di Lagonegro (Potenza), il primo caporal maggiore Matteo Mureddu, di Oristano, il primo caporal maggiore Davide Ricchiuto, nativo di Glarus (Svizzera), il sergente maggiore Roberto Valente, di Napoli, il primo caporal maggiore Gian Domenico Pistonami, di Orvieto (Terni).






martedì 15 settembre 2009

Noemi Letizia sono nata a Napoli ma vivo in Italia





Intervistata a Parigi dice Noemi Letizia: “sono nata a Napoli ma vivo in Italia” un lapsus freudiano, Noemi non è così tontolona al punto di pensare che Napoli sia all’estero, a volte succede, è un semplice errore involontario che si può commettere nel corso di una discussione o di un’intervista , perché presi dall’emozione o per banale distrazione.

Nel nostro caso si ha l’impressione che non sia così cara Minny e caro Vesilessio, qui da noi i professionisti della politica, quelli veri, quelli che ti salutano una volta ogni cinque anni credo che pensino veramente che Lenola sia su Marte.

L’approfondimento politico, quelle poche volte che avviene, non va oltre il chiosco, il miracolle il parcheggio, nel contempo si vota Pasqualino perché è un brav’uomo e i voti poi vanno a Cusani, Fazzone Berlusconi. Si vota Peppino perché “si dice” che ha fatto tanto per il nostro paese e i voti vanno a Cuffaro. Si vota Mariarita, una signora che stimo in particolar modo, e i voti non si sa a chi vanno a finire, perché votare PD è come giocare al Lotto. Si vota Comunista e tra una scissione e l’atra si resta fuori sia dal Parlamento italiano sia da quello europeo.

Diciamo che anche noi abbiamo le nostre colpe……. “AVESSIMO TACIUTO”

Sia il Gruppo di Minoranza sia quello di Maggioranza avevano fondato due Blog per discutere di politica con i cittadini, due Blog che purtroppo non hanno avuto successo, loro pensavano che attraverso la rete potevano ammaestrarci, indottrinarci, prenderci in giro: La Saint Tropez degli Ausoni, Lenola I love You, Illeciti nel campo edilizio, La caccia è un Diritto o una Concessione ed altro ancora, poi siamo sbucati noi, abbiamo posto qualche “domandina” da qui è venuta tutta la loro inadeguatezza, per non dire l’ignoranza in alcuni casi non solo politica.

Uno di questi signori, giorni fa, mi ha confidato che legge il nostro Blog per restare informato…..che dire…..amen.

Questi politici caro Vesilessio e cara Minny non si metteranno mai in gioco, neppure sotto tortura, neppure se li citi per nome, non scriveranno mai su un forum, su un blog, non entreranno mai nel merito di una questione che esuli dal chiosco o dal miracolle.

Non perché sono in malafede ma perché “non sanno” e perché temono che possano emergere le loro contraddizioni e la loro ignoranza. Sono amici,gli vogliamo bene, ma può crescere chi ragiona così, neppure se li mandi a Norma, come in passato, per burla, avevamo proposto.

Cosa resta a noi?
Sicuramente la consapevolezza di esserci appropriati del web locale, un canale decisamente in crescita, che nel giro di pochi anni farà la differenza.

In rete nessuno osa aprire bocca, perché sistematicamente si troverebbe a doversi confrontare con Minny, con Clandestino, con Swan, con Zucabbo (che è il peggio che ti può capitare) con la Verità, con Xbass, con PPP, e con tanti altri con i quali mi scuso per non averli citati, gente che sconti non ne fa, che non subisce il fascino di chi comanda.

Attraverso questo canale, Obama ha vinto le elezioni in USA, Beppe Grillo è arrivato a tremilioniemezzo di iscritti, Di Pietro sta raddoppiando i voti con criteri logaritmici e per dire due “sciocchezza” la Serracchiani e la Sona Alfano siedono nel parlamento europeo contro ogni più ottimistica aspettativa.

I nostri politici ci fanno credere che lo “snobbano” ma sai cara Minny quanto gli rode il “culo” non poter intervenire e soprattutto non poter usufruire di un forum a loro uso e consumo perché come ci provano noi ci diamo dentro?

A Lenola le cose stanno cambiando, chi ci è nato, chi la vive nel quotidiano, oggettivamente, non può riuscire a percepire le dimensioni del malessere che cresce, perché il nostro inconscio si adatta al mutamento del sistema.

Diversamente chi la osserva dall’esterno chi non è coinvolto è il primo ad avverte i segnali, anche quelli ironici, le dichiarazioni ottimistiche del primo cittadino su Latina Oggi, riguardo il turismo, non condivise dai commercianti locali, non hanno fatto solo ridere il nostro amico “la verità” (Vedi blog Maggioranza) ma un cospicuo numero di persone.

Tornando ai segnali, a mio modesto avviso, il risultato elettorale conseguito alle ultime provinciali da Fiorentino Pietrosanto detto Attilio (risultato importante diversamente da quanto lui stesso, e molti altri, possano pensare) è da accreditare ai giovani lenolesi che orbitano su facebook, giovani che si sono stancati delle promesse, non sono stati 190 voti di famiglia, di appartenenza, di convenienza.

Un successo, che poteva essere più importante se non fosse stato inficiato dalla mediocrità del centro sinistra lenolese, che ha preferito porre in alternativa una sua proposta, della quale si sapeva a priori che si sarebbe rivelata ininfluente per quanto concerne l’assegnazione dei seggi alla provincia, nonostante la statura della candidata, ma avrebbe colto un obiettivo.

Quello di ridimensionare un movimento giovanile che stava crescendo, quello di mantenere le loro rendite di posizione, quello d’ingessare la politica locale, quella di chiudere la strada ai giovani.


A Lenola manca la presenza di un partito di azione IdV, un partito non salottiero, un partito non legato a stimabili quanto superate e a me care icone, che sappia fare opposizione, che sappia intervenire nelle piazze, che sappia sfidare le amministrazioni comunali come ha fatto e continuerà a fare a Fondi, che sappia coinvolgere i giovani, che considera l’ingresso di Beppe Grillo nella politica un valore aggiunto, pur sapendo che gli porterà via dei voti, un partito che non intravede in Grillo il CAPO DI UNO SCHIERAMENTO A LORO OSTILE. Vergogna!!!!

Io spero che questo mio commento possa rappresentare un incentivo per chi vuole “veramente” alzare il livello di questa politica locale caduta così in basso, spero anche che le persone che occupano ruoli amministrativi o che rappresentano partiti politici, prendano coraggio è intervengano sulle questioni che ho posto, nel remoto caso in cui dovessero esprimere le loro opinioni mi scuso a priori per non poter rispondere in tempo reale in quanto, nei giorni a venire, mi sarà difficile connettermi al sito.

Nei prossimi giorni sarò a Vasto per il congresso di IdV, tornerò con le deleghe per aprire nel nostro comprensorio un circolo IdV sul quale non intendo mettere il “cappello”, sono aperte le iscrizioni e anche la ricerca di uno o più giovani (ripeto giovani) intenti ad assumersi la gestione e la direzione del partito a livello locale, giovani che potranno contare sulla mia totale disponibilità.

Scusate la "lungaggine" del post ma questo ragionamento non potevo sintetizzarlo in quattro parole.

Un saluto a tutti Vladimiro.

Ps. Per chiarezza tengo a precisare che questo Blog non ha nessun legame con IdV, i fondatori orbitano in partiti diversi, ci accomuna l’amore per Lenola, la passione per la politica e, come credo tutti abbiamo capito, l’antiberlusconismo e tanta amicizia.




I Ministri dell'astio e l'assalto alla cultura


Ogni giorno c'è un ministro dell'Astio, il sovrauomo Brunetta innanzitutto, che vomita trivialità ora su uno ora su un altro pezzo d'Italia: i cineasti sono parassiti, la borghesia è marcia, i professori sono ignoranti, gli statali sono fannulloni, gli studenti sono stupidi, gli economisti sono sconclusionati… Insomma ogni giorno arriva un insulto, un dileggio o una derisione a carico di una categoria sociale diversa. E sono parole rivelatrici, più di un album di fotografie, parole che sono la verità di questi uomini.
Parole che esprimono il senso compiuto di questi cortigiani del Principe che hanno un conto aperto con la natura o con la società e approfittano del loro potere per sfogarsi, come quei personaggi di Stendhal che cercavano a Parigi il risarcimento degli affronti subiti in provincia.
E infatti non si erano mai visti governanti così furiosi contro i governati. Giganti in esilio dentro corpi politicamente troppo angusti, Brunetta, Gelmini, Bondi e, qualche volta, anche Sacconi e Tremonti, trattano l'Italia come una pessima bestia da addomesticare, hanno elevato il disprezzo ad arte di governo, vogliono far espiare al Paese le loro inadeguatezze e le loro frustrazioni.
Bondi per esempio crede che la cultura sia il computo di sillabe in versi sciolti. Brunetta, che non sopporta la bassezza degli indici di produttività, vorrebbe disitalianizzare l'Italia per farne un campo di concentramento laburista: il lavoro detentivo rende liberi, belli, grandi e anche biondi. La Gelmini persegue un sessantotto al contrario che lobotomizzi fantasia e dottrina e mandi al potere i ragionieri con la lesina come scettro.
Di Bossi è inutile dire: vanta una lunga carriera fondata sulla parolaccia, sul dito medio, sulla scatole rotte, sulla carta igienica, sul ce l'ho duro…
Benché nessun governo abbia mai teorizzato e praticato l'offesa dei propri elettori come scienza politica, l'attacco alla cultura non è certo una novità. Goebbels, che era piccolo, nero e zoppo, metteva la mano alla pistola. Scelba, che era calvo e rotondo come un arancino, coniò il neologismo - culturame - ora rilanciato da Brunetta. Anche Togliatti sfotteva in terronio maccheronico il terrone Vittorini, e più in generale il Partito comunista riconosceva solo gli intellettuali organici, cioè gli intellettuali senza intelletto ma con il piffero…
Insomma, fare guerra alla cultura è sempre nevrosi, alla lunga perdente, ed è comunque manganello nelle sue varie forme, reali e metaforiche. Oltraggiare la cultura è uno scandalo penoso: è come sparare in chiesa, impiccare i neri, imputare all'immigrato clandestino la sua miseria, punire la sofferenza come un reato. Ed è un altro modo di organizzare ronde, magari sotto forma di squadracce ministeriali: prediche, comizi, fatwa…
Se Brunetta potesse pesterebbe i vari Placido d'Italia, da Dario Fo a Umberto Eco e, per imparzialità, anche Pippo Baudo e Fiorello. Per Brunetta e Bondi, infatti, gli uomini colti sono la misura della propria dannazione, lo specchio della propria nudità, come Berlusconi visto dalla D'Addario.
Con quegli uomini, che ora chiamano parassiti, Brunetta e Bondi non sono mai riusciti ad intrattenersi neppure quando militavano a sinistra. È da allora che covano rancori. Odiano i salotti (cioè le buone maniere) che li tenevano a distanza. Disprezzano i libri che non hanno letto né tanto meno scritto e che per il popolo della Padania sono ciapa pulver, acchiappa polvere, deposito di pulviscolo.
Sono rancorosi, Brunetta e Bondi, perché sono stati di sinistra e ora ne sono pentiti visto che solo la destra plebea e indecorosa li ha "capiti", promossi e ben ripagati. Come gli ebrei convertiti dell'Inquisizione cristiana rimproveravano a Cristo la debolezza di amare tutti, così questi ministri cortigiani rimproverano alla casa di produzione Medusa, che appartiene al loro dio, di investire sui nemici di dio, sudditi infidi che loro conoscono come se stessi.
Dunque i ministri dell'Astio danno del parassita agli artitisti di sinistra perché non sopportano che siano sovvenzionati dal loro stesso padrone senza neppure baciargli la mano. Addirittura quelli gliela addentano! Ebbene questa, signori ministri dell'Astio, è stizza.
È la stizza di chi, per avere i favori del Principe, non ha badato a spese, ha cambiato i propri connotati, ha ceduto l'anima, si è legato a doppie catene al suo carro. E ora vede che i vari Placido - non importa se bravi o meno - non si sono fatti ipnotizzare dalla medusa che li paga.
In buona sostanza, l'insulto come forma governo è espressione di malafede e di malessere, un impasto di vita vissuta male e di autoespiazione forcaiola: un film drammatico insomma. Dunque Michele Placido non li quereli, ma li metta in scena. Con i soldi della Medusa. Titolo? "La bava dei servi".

Francesco Merlo

fonte: http://temi.repubblica.it/micromega-online/i-ministri-dellastio-e-lassalto-alla-cultura/





domenica 13 settembre 2009

Di cosa vogliamo parlare?


Rutelli: “io con Fini e Casini si vedrà” ma cosa aspetti caro Francesco ad andartene, porta con te anche la Paola Binetti.

Quante stronzate dicono questi del PD, Veltroni ci aveva promesso che si sarebbe trasferito in Africa e invece è ancora qui, neo nominato alla commissione antimafia, capirei se avessero nominato Luciano Violante, ma il povero Walter cosa ne sa di mafia, la Panini non ha mai fatto album di figurine sulla mafia, mica è scema, Franceschini si è candidato alla guida del PD perché non vuole lasciare il partito nelle mani delle vecchie volpi, chi lo capisce è bravo!!!!

Latorre, il passapizzini per eccellenza, sostiene che Di Pietro è un traditore, lo ha detto chiaro e tondo nell’intervista rilasciata ad Emilio Fede (come si fa a rilasciare un’intervista telefonica al vecchio Emilio solo lui lo sa) e allora fa l’occhietto al partito di Cuffaro, che diversamente da Di Pietro, sa come comportarsi, sa quando deve parlare e quando deve tacere.

Pierluigi Bersani, le sta tentando tutte, ha l’appoggio del leader massimo, quindi ce l’ha nel fondo schiena, perché nel PD se sei appoggiato da D’Alema sei fregato.

Ignazio Marino, forse l’unico esponente del PD ancora lucido, lo hanno caratterizzato come l’uomo delle questioni etiche, come se lui non capisse nulla di welfare, di economia, quindi, totalmente inadeguato al ruolo. (sicuramente tra quei quattro ignoranti è l’unico che parla bene l’inglese e di questo dobbiamo prenderne atto)

Pazzesco…..Letta e Bindi ex DC appoggiano Bersani ex DS, Fassino e Veltroni ex DS appoggiano Franceschini ex DC , Marino, lo cagano solo i giovani, ad eccezione della Serracchiani che appoggia Franceschini perché è più simpatico.

Cosa farà questo partito dopo le primarie non si sa, cosa pensa riguardo la laicità dello stato non si sa, se si apparenterà con UDC o con IdV ( perché l’uno esclude l’altro) non si sa, riguardo le politiche internazionali peggio che mai, quali sono i programmi dei tre candidati nessuno lo sa, se alle primarie voterà tutto il mondo o solo gli iscritti ancora non è chiaro.

Questa tiritera dura da tre mesi, nel frattempo……questo governo……..questo premier…….ne hanno fatte di cose…… festini hard, respingimenti, omofobia, xenofobia, incazzature con il Vaticano, denuncie alla stampa libera italiana ed estera e per parlare di qualcosa a noi vicino appoggio incondizionato agli attuali amministratori del comune di Fondi associato a sberleffi al prefetto Frattasi.

D’Alema dice che lui Tarantini non lo conosce, non sapeva chi ha organizzato le cene alle quale il presidente della fondazione italianieuropei ha partecipato, noi Tarantini lo conosciamo, le sue cene non sono a base di ostriche, possibile che D’Alema, così intelligente e così smaliziato, non abbia notato nulla di strano?

Tra poche settimane la Consulta, quella al cui interno presenta esponenti che invitano a cena, a casa propria, il premier e il ministro della giustizia, si dovrà pronunciare sulla costituzionalità del Lodo Alfano, e se dovesse esprimere parere favorevole sarebbero c…. amari.

Ma di queste cose, nel nostro paesello, ne vogliamo parlare o no?

Perché se non parliamo di queste cose, se non parliamo della camorra che a quanto sembra è alle nostre porte, se non parliamo del Miracolle, se non parliamo del calo del turismo e della crisi che il commercio locale sta vivendo, se non parliamo del progetto partecipato, se non parliamo dell’autonomia scolastica, se non parliamo dei problemi dei giovani, , se non parliamo del Chiosco, se non parliamo del Cinema Lilla buttato li, se non parliamo della biblioteca dove sicuramente anche quest’anno farà freddo mi fate capire, “POLITICI LOCALI,” di cosa parliamo?

Del tempo….. ….e allora mi rivolgo ai consiglieri di Minoranza che da quanto ne so sono più esperti in meteorologia, Pietrosanto, Antongiovanni, Di Fonzo…..voi che dite, quest’inverno, pioverà quanto lo scorso anno? Io spero meno!!!!


Veramente pensate che il vostro silenzio possa prolungarsi all'infinito?

write26




venerdì 11 settembre 2009

La Destra all'assedio finale del fortino RAI Tre


Un editto soft, una goccia cinese che scava la roccia fino all'obiettivo finale: addomesticare la Gabanelli, Fazio, la Littizzetto, Bertolino, "Parla con me", ridimensionare, cancellare forse. Silvio Berlusconi l'ha anche detto: quei programmi di Raitre non mi piacciono. Senza i toni concitati
di Sofia, ma l'ha detto. E da tempo il direttore generale Mauro Masi lavora per trovare un sostituto di chi Raitre la dirige con quei volti, con quegli artisti.

Gioca di sponda, propone nomi su nomi, cerca professionisti dal curriculum impeccabile. Non spiega esattamente per quale motivo, ma va sostituito Paolo Ruffini, che gestisce la baracca da sette anni. Il resto, la normalizzazione dei programmi sgraditi, verrà da sé. "Dove lo vede Silvio tutto questo comunismo a Raitre, cosa c'è di anormale? Se il problema è che Fazio è un uomo e io una donna, ci operiamo. Così rientriamo nei loro canoni di normalità", scherza Luciana Littizzetto, appuntamento fisso del week-end di Che tempo che fa, pubblico trasversale, risate a sinistra e a destra. Magari questo dà fastidio.

La Rai della nuova era Berlusconi non vuole mandare nessuno a Casablanca, ma qualcuno a casa sì. Il pressing sul Partito democratico per avvicendare i vertici di Tg3 e Raitre e incrinare un'identità non è solo un'indiscrezione. Comunque ci sono anche gli indizi, i dati di fatto: l'intenzione resa esplicita da Masi di togliere la tutela legale a un programma di inchiesta che giocoforza si porta dietro grane su grane come "Report". E un giallo finora rimasto sottotraccia su "Che tempo che fa". Il contratto tra Rai e Endemol, la produzione del programma, non è ancora stato firmato. Un ritardo che appare poco tecnico e molto politico a sole tre settimane dalla messa in onda (3 ottobre).

Il senso di Raitre secondo Fazio è "mettere in luce la vera funzione del servizio pubblico: che è somma di voci, non sottrazione. È scambio di idee, pluralità, polifonia in una grande azienda culturale". L'idea di chiudere qualche bocca (e qualche programma) "mi sembra ancora prima che sbagliata anti-moderna. La televisione di tutti deve far parlare tutti anziché limitarsi a non dire niente".

Semmai la critica rivolta a Fazio è quella di essere troppo moderato, poco cattivo, accomodante. "Ma capisco l'imbarazzo di alcuni. Da noi si respira un'aria di libertà, per altri invece è scontato che i programmi si costruiscano sentendo le segreterie dei partiti".

Il paradosso dello scontro campale giocato sulla pelle di Raitre è che tutti i programmi sono ormai in rampa di lancio. "Parla con me" scatta il 29 settembre, "Report" cascasse il mondo, anche senza copertura legale, l'11 ottobre, Fazio la settimana prima. Ruffini gira come una trottola per le conferenze stampa della nuova stagione. Poi torna in trincea, nell'ufficio al primo piano di Viale Mazzini. Non pronuncia mai la parola censura, ma difende il carattere della rete che fu del maestro Guglielmi, il suo essere portabandiera del servizio pubblico. "Un'offerta multipla arricchisce la Rai, non la penalizza.

Il pluralismo è patrimonio collettivo", dice Ruffini. E se la direzione generale la pensa diversamente, commette un errore. "Perché fare delle tre reti un indistinto omogeneizzato? Avremmo l'effetto McDonald, che ha gli stessi panini in tutte le parti del mondo".

Dicono le malelingue che un ottimo uomo Rai come Giovanni Minoli sarebbe disposto a ridimensionare i volti noti e di successo della rete, sbarcando al posto di Ruffini. Dicono che non si preoccupi dell'opposizione dei consiglieri del Pd, pronto a incassare soltanto i voti della maggioranza. Ma dagli artisti, ai dirigenti e ai 100 lavoratori della terza rete, Ruffini continua a ottenere in queste ore sostegno e riconoscimenti che superano persino la prova del settimo anno di vita in comune.

Il direttore di Raitre sarà in piazza il 19 per la libertà di stampa. Anche Milena Gabanelli parteciperà. Con l'occhio sempre attento allo sviluppo della trattativa con la Rai per la tutela legale. "Report" punta allo scudo di Viale Mazzini perché se si crede in un prodotto lo si difende, altrimenti lo si cancella. E la filosofia della stakanovista Gabanelli è che delle due l'una: o si lavora pancia a terra a caccia di scoop o si perde la giornata a parlare con gli avvocati. "Ruffini - racconta Fazio - ha sempre garantito a me e alla mia squadra condivisione del progetto e assoluta autonomia. Sono elementi essenziali di qualsiasi lavoro, compreso il nostro".

Eppoi gli ascolti di Raitre vanno bene, dunque la "prima domanda non è chi al posto di chi, ma perché. Perché bisogna cambiare?". Per creare un coro monocorde al servizio del pensiero unico berlusconiano? "Nel servizio pubblico devono esserci tante verità - dice Ruffini - . Questa è la sua missione, nel rispetto degli spettatori, dell'editore, delle persone. Si vuole invece una verità di Stato? Allora siamo in Unione sovietica".

La Littizzetto, con la sua leggerezza, spiega bene cosa non va nell'assedio al fortino di Raitre. Per la comica c'entra la politica sì, ma anche "una grande confusione del Paese in cui nessuno si fida di nessuno e proliferano i più realisti del re". Gli ospiti di "Che tempo che fa" davvero importanti, davvero graditi dal pubblico non sono i Prodi, i Veltroni, gli esponenti della sinistra che secondo i falchi del Pdl occupano le poltrona bianca di fronte a Fazio senza contraddittorio e senza un bilanciamento di ospiti a destra.

"Il nostro merito è di mettere in onda volti nuovi, assolutamente spiazzanti. Ceronetti non ha niente di televisivo, è un personaggio inconsueto, fuori dal coro e dal circuito. Eppure la sua presenza dà i brividi". L'"alto" dello scrittore torinese, il "basso" delle battute fulminanti della Littizzetto pochi minuti dopo. Anche questa è Raitre. "A Ruffini darei il Telegatto", esclama Luciana. Ma i vertici della Rai appoggeranno la candidatura?

Fonte: Repubblica.it





martedì 8 settembre 2009

Tra Fini e Feltri perde la sinistra.





Non so se sia tutto organizzato, se sia una trama ordita ad arte, o se sia puramente una conseguenza imprevista, apprezzata ma non attesa. Non so se sia un piano o no, ma qualche dubbio mi resta.

Il dubbio che la nuova vittima delle affamate fauci di Vittorio Feltri e del suo Giornale non sia affatto – come pur sembra – il presidente Fini e la sua acclamata indipendenza dal padrone Berlusconi. Non credo che il duello tra Fini e Feltri (e quindi, nonostante il cavaliere dica di non saperne nulla, tra l’ex leader di An e il primoministro) vedrà cadere l’uno o l’altro, stabilirà con certezza una sovranità, il diritto al trono del PdL. Certo, la scaramuccia fa parte di una lunga serie di posizionamenti in vista della successione, ma non si limita a questo, non è solo un regolamento di conti interno al Popolo della Libertà. La vittima principale delle sferzate dell’aggressività Feltriana è la sinistra, specie quella che più fa riferimento a un elettorato libero da legami di identità, più secolarizzato e liberale. A differenza di quanto scrive l’Altro, non c’è nessun camerata Fini da salvare: a rischiare la pelle sono altri.

L’attacco di Feltri a Fini, definito come uno stratega “ridicolo” che dovrebbe “rientrare nei ranghi” e abbandonare mire carrieristiche, il sogno della residenza al Quirinale, ha un doppio significato, un doppio messaggio. Il primo e più chiaro, più superficiale, è quello dell’attacco da destra, del risentimento verso chi dissente, del bisogno di compattare le fila attorno al Presidente. Il primo messaggio è tutto interno alla maggioranza e rientra, come detto, nella lunga partita per la successione al trono e, forse, anche nella partita delle regionali. Però questo aspetto dovrebbe interessarci meno. È il secondo piano della vicenda che merita attenzione, una riflessione e – magari – una risposta concreta. Perché il problema non è se Fini si sia lasciato o meno superare a destra da Berlusconi, il problema è se Fini abbia più o meno superato a sinistra il Pd, la sinistra parlamentare, quella ad oggi da tutti riconoscibile, quella che ha visibilità e ruoli a disposizione. Il secondo messaggio contenuto nell’editoriale di Feltri è la certificazione del progressismo di Fini, della sua laicità, della sua “vescovile” posizione sull’immigrazione, della sua nuova linea sull’omosessulità, sulle unioni civili e le coppie di fatto. Posizioni spesso più chiare e avanzate di quelle del Partito Democratico. Uno dei risultati è accreditare definitivamente l’ultimo segretario missino come forza d’opposizione, anche se a pieno titolo interna alla maggioranza, al primo partito del governo. Il giochetto è pericoloso perché rischia di rendere definitivamente inutile la presenza, già sacrificata e di pura mediazione, della sinistra nelle politica nazionale. Il giochetto è pericoloso e merita una risposta. Sarebbe bene cominciare ad alzare la voce, almeno per dare un senso alle poltrone occupate.

Se il ruolo dell’opposizione rischia di essere interpretato da Fini – quello della legge sulle droghe, della legge sull’immigrazione, che pone le basi del reato di clandestinità, e della mattanza di Genova – vuol dire che è stato colpevolmente lasciato un vuoto. Vuol dire che forse è il caso di tornare occuparlo per tempo, prima che il PdL possa fare definitivamente tutto da solo, maggioranza e opposizione di sé stesso. La sinistra deve tornare a puntare per prima i paletti nei dibattiti, abbandonare la condizione di sudditanza politica al centrodestra, la strategia dell’inseguimento e provare a dettare temi, tempi e termini. Tanto per riempire lo spazio e – magari, se capita – portare a casa qualche risultato, soddisfare qualche necessità e qualche bisogno.

Luca Sappino

http://www.lucasappino.com/2009/09/tra-fini-e-feltri-perde-la-sinistra.html






giovedì 3 settembre 2009

Pugno di polvere! Vanitosa nullità




La scandalosa perdonanza del do ut des. Lettera aperta di padre Silvano Nicoletto al card. Bertone

Pubblico la lettera che il religioso stimmatino p. Silvano Nicoletto di Verona ha inviato al card. Tarcisio Bertone, sulle ultime vicende Stato-Chiesa.

A Sua Eminenza
Card. Tarcisio Bertone
Segreteria di Stato
Città del Vaticano

Oggetto: Alla notizia dell’annullamento della cena Bertone – Berlusconi e della partecipazione alla festa della Perdonanza.

Ad ogni buon conto, Signor Cardinale, resta il fatto che l’appuntamento a cena con Berlusconi era concordato e programmato. All’ultimo momento, l’articolo apparso su “Il Giornale” ai danni di Dino Boffo, direttore di “Avvenire”, ha provocato quello che tutti conosciamo.
La cena e la partecipazione del premier alla celebrazione della “Perdonanza”, erano comunque nel vostro programma.
Sua Eminenza, conosce molto meglio del sottoscritto cosa si pensa negli ambienti della politica internazionale del nostro premier. I suoi comportamenti “privati”, gli attacchi alla democrazia perpetrati attraverso leggi ad personam promulgate a colpi di mozioni di fiducia, hanno fatto sì che un’istituzione importante come il Parlamento della Repubblica sia di fatto ridotta ad un’istituzione blindata a servizio degli interessi di famiglia del premier. Gli attacchi alle istituzioni che contrastano i suoi disegni e che mettono in luce i reati di varia natura di cui Berlusconi è imputato, i tentativi di imbavagliare la stampa e il pesante controllo sull’informazione televisiva sono sotto gli occhi di tutti. Gli spiriti più retti ed onesti sono seriamente preoccupati per la salute della democrazia nel nostro paese.
Il Vangelo (Mc. 6, 14-29) della liturgia del martirio di Giovanni Battista, brano proclamato nella celebrazione della “Perdonanza”, ci parla del “festino” dato da Erode per i grandi della sua corte e per i notabili della Galilea. Egli pensò bene di rendere “elegante” quella cena con la presenza di signore e signorine di bell’aspetto. Giovanni, che non aveva alcuna “ragione di stato” da difendere, non temeva di esprimersi con la schiettezza tipica dei profeti. Oltretutto, nonostante il tono graffiante, ad Erode la cosa non dispiaceva affatto. “Anche se nell’ascoltarlo rimaneva perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri”. In fondo perché non osare parlare con sincerità anche ai potenti dei nostri giorni?
Mi chiedo, cosa avrebbe detto il cardinale Segretario di Stato nell’omelia della festa della Perdonanza presente il Presidente del Consiglio?
Avrebbe parlato di “festino” o di “cena elegante” per non sottintendere certi convegni equivoci avvenuti nelle residenze del capo? Si sarebbe soffermato sulle qualità seducenti della figlia di Erodiade o avrebbe sorvolato per non alludere troppo? Avrebbe poi ricordato al Presidente del Consiglio che nel nostro mediterraneo si consuma una tragica danza, ben più macabra di quella del banchetto di Erode, nella quale una quantità considerevole di disperati hanno perso la vita, disperati considerati invece colpevoli dalle leggi del governo italiano?
Quelle famigerate norme sulla sicurezza, norme che stabiliscono il reato di clandestinità, come Lei ben sa, hanno ottenuto il consenso esplicito di Silvio Berlusconi per compiacere così alla Lega Nord che, come contropartita, gli garantisce il potere di governare.
Chiedo scusa a Sua Eminenza se persisto nel dubbio che la sua parola sarebbe stata molto diversa da quella coraggiosa di Giovanni Battista.
Le gerarchie che Lei rappresenta non hanno acconsentito a quell’evento nella prospettiva di rimetterci la testa. Non sono il solo a pensare che …Pilato ed Erode quel giorno divennero amici per una ragione di convenienza… Voi potenti, a parole, nei vostri documenti, proclamate le ragioni della gratuità, ma nei fatti credete nella logica del do ut des, nella logica della ragion di stato. Anche voi, all’occasione, sapete far tacere la voce della coscienza i cui presupposti stanno al di là ciò che conviene. La coscienza non si interroga sul vantaggio che ne ricava ma su ciò che è bene e ciò che è male, e ne trae le conseguenze.
Cosa vi aspettavate come contraccambio da Berlusconi? A noi poveracci non è dato di saperlo.
Eppure una giustizia c’è! E se non ci pensano i nobili pastori di Santa Madre Chiesa ad attuarla, ci pensa il diavolo. Il buon diavolo appunto, come si suol dire, anche stavolta ha pensato bene di fare le pentole senza i coperchi. È bastato l’articolo di Feltri per rompere l’incantesimo di un idillio. Ma la responsabilità di questo vostro scandalo vi rimane attaccata addosso ugualmente, tutta intera!
Mi permetta una semplice domanda: era necessaria questa nefanda commedia all’italiana?
Se cerco di mettermi nei panni di Berlusconi, la risposta non può che essere affermativa. Si, per recuperare il consenso colato a picco, dopo le sconcezze venute alla luce nei mesi scorsi e soprattutto dopo l’approvazione delle norme antiumane ed anti cristiane del pacchetto sicurezza, era necessario apparire accanto al cardinale Segretario di Stato.
Veniva così riconfermata la sua tesi di sempre e cioè che il suo governo è in ottimi rapporti con la Santa Sede. La preannunciata visita a S. Giovanni Rotondo avrebbe poi completato l’operazione di lifting spiritual politico.
Ha visto bene il Cavaliere! Come poi ha dichiarato, non poteva dimenticare che ai tempi dei DICO, sguinzagliando i fidi membri dei vostri movimenti cattolici, avevate fatto il diavolo a quattro per mettere in difficoltà il governo Prodi e ci siete riusciti.
Arriverà mai quel giorno in cui la finirete di prestarvi a questi meschini giochi di potere per dei miseri piatti di lenticchie? Non otterrete che il disprezzo del sale insipido, degno di essere calpestato. Tutto vi andrà per traverso. Arriverà dunque mai quel giorno?
La domanda è posta da un povero prete che da trent’anni a questa parte non fa che cercare di servire la causa del Vangelo nella Chiesa Cattolica. Da questo versante le cose assumono un’altra dimensione. Non era necessario questo squallido balletto! Era necessario il contrario: opporre un netto rifiuto. Lei non si sarebbe dovuto prestare ad alcuna strumentalizzazione.
Cosa può pensare la gente semplice che vede il Card. Bertone in compagnia del nostro dominante? Conclude logicamente che la Chiesa, anche nella sua espressione magisteriale, è schierata dalla sua parte.
Berlusconi avrebbe così raggiunto il suo scopo, mentre, a Sua Eminenza gli avrebbe riservato la figura dell’utile idiota. Anche se il “prestigio” dei sacri palazzi non mi interessa, devo tuttavia ammettere che mi disgusta assistere ad una simile caduta di stile.
Se invece, consapevole dell’elevato tributo da versare, in vista di qualche ritorno vantaggioso per la sua istituzione ha ceduto alle lusinghe del potente (ma è poi potente? Pugno di polvere! Vanitosa nullità), Sua Eminenza ha agito da disonesto sia verso ciò che rappresenta, che verso i fedeli che guardano a lui per ricevere esempio di rettitudine evangelica non di cinismo politico.
Io credo, Signor Cardinale, che Lei abbia mancato di rispetto verso se stesso. In pratica ha venduto la sua dignità di uomo e di Vescovo al mercante di passaggio.
Penso inoltre che il suo comportamento sia stato offensivo verso il Popolo di Dio. E’ stato chiamato al ministero episcopale per annunciare il Vangelo, non per fare politica di basso profilo.
Infine ha gettato disprezzo sul ministero di molti presbiteri che, come il sottoscritto, ogni giorno sostengono la fatica di annunciare il Vangelo (che è alto e altro dalle logiche dei potenti e della ragion di stato) in un mondo che s’è fatto adulto, critico ed esigente. Atteggiamenti come il suo sono di grande ostacolo all’evangelizzazione!

Rientri in se stesso, Signor Cardinale. Veda da dove è caduto e ritorni all’amore di un tempo.
Un richiesta sincera di perdono al Popolo di Dio non guasterebbe affatto. A Lei restituirebbe dignità e ai fedeli chiarezza evangelica.
Faccia in modo che il Signore non rimuova il candelabro dal suo posto (Ap. 2,5).

Un fraterno saluto.
P. Silvano Nicoletto
Religioso Stimmatino

Sezano, Verona - 30 agosto 2009






martedì 1 settembre 2009

Ce la possiamo fare se lo vogliamo di Sandra Murri




Teresa Sarti non c’è più, o meglio il suo corpo, spazzato via da un male che l'ha aggredito due anni fa, non c’è più, perché nulla, davvero nulla potrà mai cancellare la sua bellezza dolce, rassicurante e forte.

L’ho conosciuta tanti, tanti anni fa, quando Emergency che aveva fondato, di cui era Presidente, per dare forza all’impegno di suo marito, Gino Strada, per alleviare il dolore di bimbi, madri, padri, dilaniati dalle bombe in ogni angolo del mondo, era un piccolo ufficio in V.Bagutta a Milano. Ed io, che allora lavoravo a Epoca, ero andata a trovarla per raccontare la campagna “antimine” che Emergency aveva ideato per raccogliere fondi a favore dei mutilati dalle potenti e silenti mine che strappavano gambe, braccia e le facevano volare in aria come fossero coriandoli, di chiunque camminasse sui terreni dove le mine erano rimaste inesplose.

I suoi folti e ricci capelli rossi, la sua voce dolce, la sua gestualità misurata mi conquistarono immediatamente. Capì che a muovere ogni sua parola, ogni suo gesto, era la passione. Una passione contagiosa. Capì, ancor più di quanto credessi, che non tutte le donne sono “grandi” in quanto donne. No, sono grandi le donne che, come Teresa, rifuggono i riflettori e cercano il cuore per parlare, per farsi capire, per urlare indignazione, per esigere rispetto. Che non hanno bisogno di apparire per contagiare la loro grandezza perché la loro grandezza la senti a pelle, la leggi nei loro occhi, occhi che accolgono. Ci credeva davvero Teresa in tutto ciò che faceva, sostenuta dalla condivisione e dall’amore del suo uomo. Un amore che viveva e si rafforzava nella lontananza perché si nutriva di ideali autentici, di quella coerenza di cui abbiamo bisogno come il pane. Sapere che lei c’era mi dava forza. Così come mi davano forza quelle parole con cui, quando ci sentivamo, chiudeva la telefonata: “ce la possiamo fare se lo vogliamo davvero”.

Ce la possiamo fare a rendere più giusto questo Mondo, più uguale questo Mondo, più umano e delicato questo Mondo. Sì, Teresa, ce la possiamo fare. Anche grazie al tuo esempio, Teresa.